mercoledì 8 ottobre 2014

Lavoro e consumi non si creano per legge.. o peggio per slogan

Ultimamente scrivo poco qui sul blog, soprattutto perchè il tempo per seguire l'attualità (e soprattutto per commentarla) è per me molto poco. 
Come me molte persone lavorano (ancora... per fortuna, nonostante tutto) e/o comunque non riescono comunque a seguire tutte le notizie, i comunicati stampa, le interviste, i pensieri e i tweet.

Il governo Renzi è lì, dopo Monti, dopo Letta, cerca di creare lavoro con una legge dal nome inglese, lo Jobs Act (dirlo in Italiano, Legge sul Lavoro, certo è meno figo e fa anche meno marketing). Fiducia o non fiducia, bagarre in Parlamento... Forse ci riuscirà ad approvarlo e quando leggerete questo post provabilmente sarà già sui giornali con dei bei titoloni la sua approvazione.



A Renzi va il merito, a mio parere, di mettere in discussione i muri innalzati da anni da diverse parti, sindacati in primis (e suoi colleghi di partito anche...), mettendo in crisi quelle bandiere ideologiche che per anni hanno immobilizzato il cambiamento del Paese.

"Art.18 si" e "art.18 no" sono gli slogan principali che da una parte e dall'altra si sentono pronunciare non appena qualcuno vuol parlare di mercato del lavoro.
Dire di toglierlo crea un caos primordiale. Dire di non toglierlo sembra bloccare la ripartenza del lavoro. Renzi voleva toglierlo. Forse ci riuscirà, forse non ci riuscirà, forse userà magheggi per farlo e poi non farlo in realtà (un po' come le province ricordiamo, eliminate solo dalle elezioni ma non nelle strutture). 
Tutto questo servirà a creare lavoro?

Nuove leggi, nuove regole, la modifica della regolamentazione, la modifica delle tipologie di contratti, le discussioni su entrate e uscita, su licenziamenti, cassa integrazione, indennità di disoccupazione, sono tutti aspetti positivi, credo, che possono favorire miglioramenti della realtà che i lavoratori (o gli aspiranti tali) si trovano a vivere. Renderebbero più flessibili il mercato, credo. Renderebbero l'Italia più simile ai Paesi con i quali compete, credo. Renderebbe meno rigido il rapporto tra imprese e occupazione, credo.
E' tutto vero. Credo.

Ma davvero siamo convinti che il lavoro si possa creare per legge?
Il lavoro si crea alimentando un circolo virtuoso: 
più consumi, più investimenti, più impresa, più occupazione > più consumi, più investimenti, più impresa, più occupazione.

Anche di rilanciare i consumi, infatti, si parla.

Di qualche giorno fa la proposta di portare il TFR (Trattamento di fine rapporto) nella busta paga dei lavoratori, proposta che arriva dopo il tentativo (rivelatosi dati Istat alla mano poco produttivo) dei famosi 80 euro.

Chi è favorevole a tale proposta considera un incremento della liquidità nel portafoglio dei lavoratori a fine mese una spinta per favorire la ripresa dei consumi. Certo, potrebbe quasi sicuramente accadere che trovandoci qualche euro in più sul conto corrente (noi pochi fortunati ad avere ancora un lavoro) potremmo ogni mese acquistare qualcosina in più. E' vero.

Ma il Tfr ha una funzione.

In Italia la previdenza complementare non è ancora decollata e i lavoratori superfortunati da riuscire a raggiungere l'età pensionabile riceveranno dalla gamba pubblica della previdenza una pensione che abbasserà di molto gli introiti rispetto allo stipendio ricevuto.
Inoltre, molti lavoratori, il lavoro lo cambiano o peggio lo perdono. 
Il Tfr è un cuscinetto, che si impone ai lavoratori di detenere. Certo imporre non è mai liberale e ognuno dovrebbe poter essere libero di scegliere se spendere o risparmiare, anche questo è vero.
Il Tfr inoltre è una somma di risorse finanziarie che vengono "depositate" per un periodo tendenzialmente lungo di tempo, che consente agli intermediari (che stanno di mezzo tra depositi e crediti) di utilizzare tali fondi per erogare finanziamenti a medio/lungo termine (proprio quelli che servono ad imprese e famiglie per effettuare investimenti e che già mancano in questi anni...).

Aggiungere il Tfr in busta paga può dare un piccolo aiutino ai consumi, ma vale la pena attaccare uno dei pochi (seppur piccoli) pilastri del risparmio degli Italiani?

La vera domanda di fondo è: ma lavoro e consumi si possono creare semplicemente approvando leggi? O peggio con slogan?

Magari...

I dati drammatici li leggiamo, li vediamo ma soprattutto li viviamo ogni giorno: basta fare un giro per le nostre città, anche per Milano, una delle città più vive d'Italia, che attende l'Expo, per comprendere che non sono solo numeri. Un ennesimo articolo che descrive la drammatica situazione che l'Italia sta vivendo (http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-10-07/peggio-una-guerra-sette-domande-scoprire-veri-numeri-lunga-crisi-175759.shtml?uuid=ABYNau0B)

L'unica soluzione per fermare una situazione così radicalmente negativa è pensare a cambiamenti profondi,
che consentano di ridare un futuro a chi ancora crede in questo Paese, che consentando di recuperare la fuga di lavoro, la fuga di persone, la fuga di consumi, la fuga di investimenti e capitali.

Certo fa piacere se delle leggi cercano di migliorare il mercato, il mondo del lavoro, le regole... ma è ben più urgente domandarsi come crearla l'occupazione, i contratti, le collaborazioni... e questo non può essere fatto con un semplice decreto legge.

E' necessario pensare a scelte profonde e forti. Certo con governi in grado di governare (stabili, forti) e con l'appoggio delle parti sociali (compresi i sindacati) se non vogliono ritrovarsi a rappresentare disoccupati più che lavoratori.
Un esempio, il primo grosso tema che mi viene in mente e che andrebbe affrontato, è la revisione del modello di welfare con una maggiore collaborazione pubblico-privato (nella previdenza, nella sanità...). Il welfare è la più grossa voce che pesa sulla spesa pubblica e sotto il peso del welfare, se troppo preciso, un Paese può rimanere schiacciato.
Prima di pensare a portare il Tfr in busta paga, va creata e favorita una cultura della previdenza integrativa e del risparmio. E questo non si fa per legge: la previdenza complementare in Italia è già stata introdotta.
Si fa con politiche che favoriscano una cultura, perchè no anche iniziando dall'istruzione e dalla formazione.

Poi certo si parla troppo e si fa troppo poco per investire sui grandi asset che nel nostro Paese ancora ci sono: il Paese in primis. E' conosciuto nel mondo come "Il Bel Paese", mentre le nostre bellissime città sono abbandonate spesso a se stesse, sporche, insicure, inefficienti, anche sotto ai monumenti che ci rendono famosi e attirano milioni e milioni di turisti e visitatori. I trasporti, poi, rendono difficilmente raggiungibili molte parti bellissime della nostra penisola e delle nostre isole.

Per creare lavoro e consumi servirebbe questo e molto altro...  

La palla la passo a chi ci rappresenta, in Parlamento, e a chi ci governa... al momento Renzi...

Non voglio tediarvi amici che leggete il mio post, come al solito, come sa chi mi legge da più tempo, volevo solo esprimere qualche mio pensiero e condividerlo con voi.

Commentate mi raccomando!
Le vostre idee e i vostri punti di vista mi interessano :)


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